Per la realizzazione di abiti, la prima cosa che serve è indubbiamente la stoffa.
Ora per realizzarla, il concetto di fondo rimane sempre l’intreccio di fili che, uniti, creano ciò che può essere usato per vestirsi. Ma come intrecciamo e intrecciavamo questi fili? Possiamo provare a schematizzare i metodi come segue (ricordandoci che questo non vuole essere un trattato esaustivo dell’argomento, ma solo uno spunto da cui poi continuare con gli approfondimenti eventuali):
1: intreccio di uno o più fili tramite ferri da calza (da due a salire), intreccio di due o più fili tramite uncinetti (compreso l’uncinetto tunisino), lavorazioni “ad ago” (chiacchierino ad ago, pizzo ad ago, nalbinding vichingo), lavorazioni a “nodi” (tappeti, tombolo, macramè), lucet (strumento vichingo)
2: tessitura: realizzazione del tessuto tramite l’intreccio di trama e ordito, con l’aiuto di un telaio (a cui vengono fissati i fili dell’ordito stesso).
Nalbinding
tombolo
Per la tessitura la Storia però ha visto l’evoluzione del telaio in varie versioni. Il concetto di fondo rimane sempre lo stesso: ho un ordito fisso, e faccio passare il filo della trama in diversi modi, realizzando diversi motivi o effetti.
Il primo tipo di telaio che è stato utilizzato è quello verticale: l’ordito è fissato ad un palo tenuto in alto da dei sostegni, i fili sono tenuti tesi da dei pesi fissati al fondo (in vari materiali: terracotta o pietre di vario tipo) e la lavorazione avviene dall’alto in basso; era già utilizzato nella preistoria, abbiamo molti esempi greci e romani ma è poi andato a sparire in quanto non permetteva pezze di grandi dimensioni e la lavorazione era piuttosto lenta.
Penelope al telaio, da uno skyphos datato 440 a.C.
Dal telaio verticale si passa poi a quelli orizzontali, in cui il lavoro parte dalla persona e va verso l’esterno, con la possibilità di avere anche dimensioni delle pezze molto maggiori. L’introduzione dei pedali nel Duecento poi accelera moltissimo il lavoro, ma lo rende anche più meccanico.
I telai sono dotati di alcuni elementi caratteristici, che servono al loro funzionamento:
subbio (anteriore e/o posteriore): sono le parti su cui si avvolgono la parte lavorata e/o i fili dell’ordito ancora da lavorare
pettine: serve a “battere” la trama in modo da rendere il tessuto compatto e omogeneo; spesso è una specie di “paletta”
liccio: già presente nel telaio orizzontale, serve a separare alternativamente i fili dell’ordito, per permettere l’intreccio con il filo della trama
spoletta (o navetta): l’oggetto che contiene il filo della trama e che viene fatto passare attraverso l’ordito
Nel Medioevo ci sono anche dei tipi di telaio orizzontale disposti trasversalmente rispetto al tessitore: si tratta di quelli utilizzati per pezze più strette, usando il metodo delle tavolette per sostituire il liccio, nonché dei tipi di liccio particolare.
Tessitura con il liccio, dal Codex Manesse, inizio XIV° secolo
Tessitura a tavolette, da De Claris Mulieribus, 1403
telaio orizzontale, da Historia Ordinis Humiliatorum, XVII° secolo
Nel XVIII° secolo il telaio diventa meccanico, e sul finire del secolo Joseph-Marie Jacquard inventa il telaio che prende il suo nome: si tratta di un telaio che funziona a schede perforate, permettendo la creazione di motivi molto complessi a grande velocità e senza errore.
Sempre nello stesso secolo vediamo anche l’invenzione della spoletta volante (o navetta lanciata), che serve per automatizzare il passaggio della spoletta tra i fili dell’ordito; questo permette la realizzazione di pezze molto più larghe (non essendo più vincolato alla portata delle braccia della persona) e di accelerare il lavoro.
Da qui arriviamo poi ai grandi telai industriali moderni…
telaio Jacquard