Il ricamo nel Medioevo

INTRODUZIONE

Questo testo vorrebbe affrontare la questione del ricamo nel Trecento.
Ci sono però alcuni problemi fondamentali, che fanno sì che moltissimo di ciò che vorremmo sapere a riguardo sia difficile da trovare, se non impossibile.
Un elemento che fa sì che moltissimi esempi ci manchino oggi è legato proprio al materiale: essendo stoffe spesso delicate, e usate nella vita quotidiana, gran parte dei ricami si sono rovinati o sono andati perduti; inoltre per i ricami si ricorreva a metalli preziosi e gemme o perle, che nel corso del tempo sono stati staccati e riutilizzati o rifusi; questo fa sì che i motivi originali e le tecniche utilizzate siano andati in parte persi. Inoltre i ricami sono stati soggetti, talvolta, a modifiche, ricostruzioni, aggiunte, rammendi; tutto ciò fa sì che sia molto difficile risalire al motivo originale. E dal punto di vista delle ricerche storiche o testuali, abbiamo pochissime tracce. Purtroppo i ritrovamenti e le informazioni iniziano ad essere più importanti a partire dal Quattrocento (ossia un periodo successivo rispetto a quello di nostro interesse).
E’ importante, prima di affrontare i vari aspetti che riguardano il ricamo stesso, avere presente che le tecniche e gli strumenti utilizzati in questo campo hanno subito pochissime evoluzioni nel corso dei secoli: la maggior parte dei punti e degli oggetti necessari per la loro realizzazione erano noti fin dalle epoche più remote e ci sono state pochissime modifiche; guardando i ricami giunti fino a noi, notiamo che cambia rapidamente l’aspetto “pittorico” (ossia la grafica, l’abbigliamento dei personaggi, i lineamenti del volto, ecc…) ma non la parte tecnica di realizzazione materiale.
Teniamo inoltre conto che il ricamo è un concetto diverso dal motivo tessuto; si tratta di un lavoro più raffinato e costoso e anche i materiali utilizzati spesso sono più pregevoli.

Per la ricerca ci si è inspirati in gran parte al libro: “il ricamo nella storia e nell’arte”, di Marie Schuette e Sigrid Müller-Christensen (Edizioni Mediterranee Roma)

 

LA STORIA
Le prime apparizioni di applicazioni in feltro e cuoio, con l’uso di crine di cavallo, sono state scoperte ad Altai, nel Kurgan (V° – IV° sec. a.C.). Nello stesso periodo, in Grecia, si trovano già degli esempi di pittura ad ago in lana.
Il primo esempio di ricamo islamico di origine spagnola è la casula di S. Tomaso Becket di Canterbury, conservata a Fermo (1116):

Facciamo un piccolo inciso sulla terminologia: ci sono alcuni oggetti che vengono citati spesso quando si parla di ricamo, in quanto sono quelli che più spesso venivano ricamati e che sono arrivati fino a noi in maggior numero; i principali oggetti sono:
– la casula: è il paramento liturgico di chi celebra la messa; è capitato che alcuni mantelli “civili” siano poi stati donati ai conventi e convertiti in casule
– il pluviale (o piviale, o cappa, o mantus): è un paramento sacro dotato di cappuccio, fermato davanti con un fermaglio e lungo fino ai piedi; viene usato nelle occasioni solenni al di fuori della messa
– il razionale (o superhumerale, o logion): è un paramento liturgico di origine medievale, portato dai vescovi sulla pianeta; era usato nelle diocesi del Sacro Romano Impero, nel Nord Europa (oggi lo usano solo più per pochissime diocesi); può avere varie forme: a Y (quindi essere simile al pallio), circolare con due appendici ai lati del petto e della schiena, o rettangolare della larghezza delle spalle (con le stesse appendici della forma circolare); solitamente presenta un’immagine sacra iscritta in un cerchio al centro del razionale ed è ornato di pietre preziose
– la dalmatica: è una veste liturgica lunga fino al ginocchio e con ampie maniche, propria dei diaconi; è una delle vesti più esterne
– antependium (detto anche paliotto): indica il rivestimento della parte frontale dell’altare; può essere di stoffa ricamata, legno intarsiato, marmo, avorio, mosaico o materiali preziosi (come l’argento); solitamente i lati dell’altare (non rivolti verso i fedeli) erano meno decorati. Viene usato fin dai primi secoli della Cristianità e inizialmente era appunto in stoffa, impreziosita da ricami e gemme (si pensi ad esempio ai drappi d’altare donati da Costanzo II per la consacrazione della chiesa di Santa Sofia a Costantinopoli, nel 360 d.C.)
– arazzo: si tratta di grandi tele, destinate a ricoprire delle pareti e prende il nome da Arras, città francese famosa per i suoi ricami; il lavoro è simile alla tessitura vera e propria, ma la spoletta che crea la trama, invece di passare da parte a parte, percorre solo piccoli tratti dell’ordito, permettendo di creare i motivi (e la trama va completamente a sparire nella lavorazione); per alcuni versi sono assimilabili ai tappeti; talvolta erano organizzati in cicli, che esponevano una vera e propria storia: ricordiamo ad esempio l’Arazzo dell’Apocalisse (esposto attualmente ad Angers, Francia, e commissionato tra il 1373 e il 1377 dal Duca Luigi I d’Angiò, che s’ispira all’Apocalisse di San Giovanni)
– aumônières: termine francese con cui si indica una piccola borsa per l’elemosina portata da uomini e donne nel Medioevo; può essere considerata l’antenata della borsetta in quanto nei secoli successivi divenne un accessorio esclusivamente femminile. Spesso erano delicatamente ricamate e ne abbiamo vari esempi del XIV° secolo.
Un esempio di aumônière parigina del 1340:

Si usava inoltre foderare le scatole (ad esempio quelle contenenti i corporali) con della tela ricamata, sia internamente che esternamente.
Oltre a questi, abbiamo esempi celebri di ricamo negli arazzi da parete (in uso fin dai tempi antichi, si pensi ad esempio all’arazzo siberiano del IV° – III° secolo a.C. conservato all’Ermitage di Leningrado), nelle coperture dei cuscini (di cui abbiamo ritrovamenti di ricami fin dal XII° secolo) e nell’Arazzo di Bayeux (1066 – 1077, che qui non trattiamo dettagliatamente in quanto fuori epoca per il nostro campo di studio).
Nel XIV° secolo vediamo pittura e ricamo affiancarsi, nel senso che si ricamava su una base dipinta.
Un testo importante, che può darci una mano a capire come funzionasse il ricamo nel Medioevo, ci arriva da Cennino di Andrea Cennini, un artista vissuto tra il 1370 e il 1440; stiamo parlando del celebre “Libro dell’Arte”; il testo in realtà affronta la questione della pittura e dell’affresco (tecniche, consigli, ecc…) ma nel capito 164 tratta anche dell’uso della stoffa come base per la pittura, su cui si andrà ad intervenire con l’ago per ricoprire il disegno. In questo testo, ad esempio, si dice che per ricamare sul velluto si potrebbe tracciare direttamente il motivo sulla stoffa con penna e inchiostro, ma è più comodo disegnare le figure su seta bianca, ritagliarle e poi applicarle sul velluto stesso. Già nell’XI° secolo, in effetti, si usava tracciare uno schizzo del motivo da riprodurre, eseguito a penna o a pennello; questo giustifica la necessità di usare dei telai (che vedremo più avanti) già in fase di schizzo.
Esiste inoltre uno stile pittorico chiamato “grisaille”, che consiste nella pittura in bianco e nero, o chiaro-scuro, su seta (ci sono parecchi casi dell’uso della tecnica del grisaille anche su vetrate, ad esempio al Museo di Cluny, ma si tratta di questioni non attinenti con il nostro campo di indagine). Un esempio di ciò è il paramento di Narbonne (1373-1378):

Un esempio di ricamo su base dipinta è l’antependium delle “Siben Ziten Unsers Herrn” (= Sette Scene della Passione di Cristo): in questo antependium si vede della pittura sfumata in grigio nei punti rimasti scoperti dal ricamo. Ne parleremo comunque più avanti.
Con il ricamo si tendeva a rappresentare principalmente questi argomenti:
– Tradizioni popolari
– Leggende sui santi
– Allegorie
– Episodi di Antico e Nuovo Testamento
– Argomenti profani (caccia, saghe cavalleresche, ecc…), ma a partire dal XIV° sec.
Spesso nei ricami trecenteschi troviamo varie scenette o soggetti chiusi in lunette, mandorle o poligoni di vario tipo, sia per mezzo di bordure vere e proprie, che tramite l’uso di motivi geometrici ricorrenti, fiori o rami.
Nel XIII° secolo si inizia ad usare anche fondi d’oro (con motivi geometrici o araldici, anche a rilievo), sui quali si staccano le figure in seta colorata.
Sempre a proposito del rilievo, è bene notare che per ottenere quegli effetti, il disegno viene modellato sul fondo mediante cordoncini di lino o di cotone, o con un ricamo grossolano, poi ricoperto d’oro con la tecnica dell’applicazione; talvolta si usavano anche imbottiture o addirittura pezzi di legno tagliati nella forma voluta.
Esiste inoltre una tecnica chiamata “ricamo a smalto translucido”: si tratta di una tecnica per la quale il ricamo in oro viene velato da uno strato vitreo o smaltato; in questo caso si alternano oro e seta colorata per ottenere effetti di luce e ombra; inoltre si aumentano le distanze tra i punti di fermatura per aumentare l’effetto di luce.
Come basi, si sono usate:
– Tela di lino (molto usata perché molto resistente e facile da lavorare; ad esempio, è la base del celebre Arazzo di Bayeux, 1066-1077)
– Seta (molto usata perché preziosa, ma spesso gli è stato aggiunto come fondo, per dare stabilità, un sostegno di tela di lino)
– Velluto di seta (usato a partire dalla fine del XIII° secolo; per facilitare il lavoro, inserivano un sottile strato di tessuto liscio, solitamente seta o lino).
Come stili, ci troviamo di fronte ad alcuni termini:
– Opus anglicarum: è il termine con cui si indica l’arte del ricamo su seta, di altissimo livello, da parte delle donne anglosassoni nel XIII° e XIV° secolo
– Opus teutonicum: nome dato nel Medioevo al ricamo tedesco “in bianco”, ossia quello eseguito con filo di lino bianco (talvolta con l’aggiunta di poca seta chiara o lana colorata); veniva usato soprattutto per paramenti e arredi sacri. In Italia il ricamo in bianco era usato pochissimo, se non quasi per nulla
– Ricamo in lino svizzero: indica il ricamo borghese della Svizzera tedesca, eseguito su tela bianca con fili di lino bianco e talvolta con l’aggiunta di fili azzurri o marroni; si è diffuso dalla prima metà del XIII° secolo al 1640, ma il suo massimo splendore è stato nella seconda metà del XVI° secolo
– Ricami in lana: spesso si tratta di tappeti, usati non solo a scopo decorativo, ma anche per proteggere dal freddo (in questi casi, assimilabili agli arazzi).
Sono degni di nota anche i ricami boeri della seconda metà del XIV° secolo, che sono particolari per l’umanità infusa nelle scene sacre (madonne non più ieratiche ma che sembrano donne e ragazze viventi, ecc….).
In Italia, le principali sedi di ricamo erano Firenze, Siena e Venezia. E infatti nel 1388-1393 vediamo l’apparizione a Tolosa e Avignone di commercianti fiorentini di ricami, indicati come fornitori del Duca di Borgogna.
In generale, è bene ricordare che fino al XIX° secolo il ricamo non è stato un lavoro solo femminile (anche se indubbiamente l’apporto maschile è stato ridotto per quanto riguarda il numero di soggetti coinvolti in queste attività, nel corso dei secoli).

 

GLI STRUMENTI

Strumenti
Tra gli strumenti, in generale, possiamo considerare:
– Aghi
– Pinzette
– Punteruoli
– Ditali
– Forbici (di varie fogge)
– Telai (necessari sia in fase di abbozzo del disegno che in fase di ricamo vero e proprio).

Gli aghi
Gli aghi possono essere di svariati materiali: punteruoli in osso, corno, lisca di pesce, legno e avorio per i preistorici; sempre nei tempi antichi nasce poi la cruna. In seguito (epoca storica) abbiamo aghi di bronzo, argento e oro (degli aghi d’oro sono stati trovati nelle sepolture sassoni). Nel XIV° secolo circa gli arabi introducono gli aghi di acciaio in Europa.
La Germania era nota per la bontà dei suoi aghi in ferro; ancora nel XVI° secolo l’Inghilterra importava aghi da cucito dalla Germania.

(portaaghi in cuoio e seta, 1398)

(portaaghi, Colonia, XIV° secolo)

 

Ditali
Erano usati fin da tempi molto remoti (ne hanno trovati anche negli scavi di Pompei).
Nel Trecento i ditali erano principalmente in ottone e bronzo, siamo sotto forma di ditale completo di calotta, che sotto forma di anello.
Non ci dilunghiamo oltre, in quanto i ditali sono già stati trattati in un articolo a parte di questo stesso blog.

Le forbici
Le forbici utilizzate erano le stesse usate dai sarti. Erano di due tipi: quelle di forma simile a quelle usate oggi, e quelle di forma più simile a quelle usate in epoca romana (del tipo che oggi viene ancora usato per tosare le pecore).
Le vediamo spesso rappresentate nelle iconografie; queste immagini sono prese dal Tacuinum Sanitatis, della fine del XIV° secolo:

I telai
Il telaio che viene usato per la tessitura non è lo stesso che viene usato per il ricamo, perché nel primo caso si tendono i fili dell’ordito per intrecciarli con la trama, mentre nel secondo caso viene usato per tenere tirato il tessuto da lavorare.
I telai inizialmente erano verticali, nel senso che dei pesi al fondo dei fili li tenevano tesi. Poi sono arrivati i telai, sempre verticali, ma a cinghia:

In seguito, già in epoca egizia e romana, iniziarono ad usare i telai orizzontali e, dal 1250, questi vennero dotati di pedali. Nel Medioevo, si usavano i telai orizzontali anche per confezionare gli arazzi.
Il telaio per ricamare nel Medioevo era quadrato, ma purtroppo non ho trovato immagini o reperti relativi al Trecento.
(Trionfo di Minerva, di Francesco del Cossa, 1476-1484)

 

I filati
I filati utilizzati sono principalmente:
– Lana e lino (sempre tramati e talvolta anche ritorti)
– Seta (spesso lavorata anche al naturale)
– Fili di metallo: solitamente troviamo un’anima di seta (rossa, rossiccia, gialla o bianca) attorno a cui si avvolge una lamina d’oro o d’argento, o anche d’argento dorato.
Altri materiali utilizzati assieme ai fili:
– pagliettes e piccole appliques punzonate, di metallo
– perline di vetro colorato (usate principalmente in Germania e Spagna a partire dal XIV° secolo)
– perle, di mare o di fiume
– perle di corallo.
I filati erano avvolti su dei rocchetti, prevalentemente di legno, montati su appositi portarocchetti di forma tonda, come si vede in questi dettagli di dipinti:
Madonna dell’Umiltà, di Vitale da Bologna (1353)

La Sacra Famiglia, di Ambrogio Lorenzetti (1345)

 

Madonna dell’Umiltà, di Niccolò di Buonaccorso (1380-1385)

 

PUNTI UTILIZZATI
I punti utilizzati possono essere raggruppati in famiglie, secondo il seguente schema:
– Punti lineari di base
– Punto filza
– Doppia filza
– Punto quadrettato
– Impuntura
– Punto erba
– Punto spaccato
– Punto catenella
– Punto asola
– Punti a croce
– Croce semplice
– Mezzo punto a croce
– Croce orientale
– Punto strega
– Pittura da ago
– Punto piatto
– Punto gobelin
– Punto raso
– Tecniche di applicazione
– Punto di fermatura
– Punto lanciato
– Fili d’oro affondati.
Una menzione a parte sarà dedicata a tre elementi, non di epoca medievale, ma talmente noti a livello culturale, di tale impatto e talmente tipici della zona piemontese, da meritare di essere almeno citati:
– Il puncetto
– Il ricamo bandera
– Il tombolo.

Punto filza e doppia filza
Vengono usati nei motivi islamici per i motivi a gradini, nonché nei ricami italiani e spagnoli in seta. In Inghilterra è noto come “Spanish work”, in Germania come “ricamo Holbein”.

Punto quadrettato

E’ un’evoluzione del punto holbein. E’ particolare in quanto presenta due dritti, e quindi può essere usato anche su tessuti trasparenti.

Impuntura (o trapunto)

Punto simile alla doppia filza, usato per i contorni dei disegni o come impalcatura lineare del disegno; viene usato soprattutto nel XV° e XVIII° secolo.

Punto erba (o punto stelo) e punto spaccato (o punto diviso)

Sono molto usati nella copertura di linee curve; il punto spaccato viene anche usato nelle vesti liturgiche borgognone conservate nella Camera del Tesoro di Vienna.

Punto catenella

E’ un punto molto diffuso (sia come tempo che come luoghi) e se ne hanno tracce anche in Cina e Mongolia, in Crimea e nell’epoca ellenista e bizantina; viene usato anche per dettagli molto delicati (tipo i lineamenti del viso). Successivamente ne sono nate molte variazioni, tipo il punto catenella ad anello, il punto catenella doppio e il punto catenella a spina di pesce.

Punto asola (o punto annodato)

Viene usato per i contorni e le decorazioni marginali, o per coprire spazi estesi. E’ particolarmente usato nei ricami svizzeri e tedeschi del Rinascimento.

Punto croce semplice (o gros point) e mezzo punto croce (o petit point)

Il mezzo punto croce è molto usato nei ricami inglesi del XIV° secolo. Il punto croce è stato usato per decorare tessuti praticamente in tutte le parti del mondo, dall’Europa orientale alla Thailandia, dalla Russia al Marocco.

 

Punto a croce orientale (o punto treccia)

Viene usato tra la fine del XII° e il XIII° secolo, quando la tela di fondo dove essere completamente coperta di seta.

Punto strega

Punto piatto

Viene usato per coprire il tessuto di fondo sia sul dritto che sul rovescio; inizialmente segue la direzione del tessuto di fondo, ma dal XV° secolo inizia ad essere più indipendente dalla struttura. Si evolverà poi nel punto gobelin

Punto gobelin (o punto serrato)

Viene usato come copertura del fondo nel XIII° e XIV° secolo; dal XV° secolo in poi viene usato anche per i visi.

Punto raso (o punto pittura)

Di origine orientale (era usato in Cina e Giappone), viene usato in Europa dal XII° secolo in poi. La sua caratteristica è di venire usato per creare effetti colorati molto particolari, che ricordano delle pennellate (da qui il nome).

Punto di fermatura (o punto monastero)

Viene usato per il ricamo con due fili, dove uno si appoggia solo sul tessuto e il secondo lo fissa per mezzo di piccoli punti di sopraggitto o di sottopunto, che escono sul rovescio; era usato già dagli sciiti nel 1° secolo a.C.. E’ diventato tipico dei ricami su tappeti di lana in Germania dal XIV° al XVI° secolo e dei ricami in tela dei conventi di Svizzera e Alto Reno dal XV° al XVII° secolo (da qui deriva il nome).

Punto lanciato (o tecnica araba)

Simile al punto di fermatura, ma si usa un terzo filo per la fermatura; è il punto che è stato usato per l’arazzo di Bayeux (1066 – 1077)

 

Applicazione con fili d’oro affondati

Il filo d’oro viene passato nel tessuto ad ogni punto di fermatura e attorcigliato sul rovescio ad un filo della tela, cosicchè il rovescio produca un disegno cesellato o punteggiato (è tipico del ricamo bizantino o siciliano).

 

 

Puncetto
Si tratta di un pizzo ad ago tipico della Valsesia, usato soprattutto per bordi e paramenti sacri, ma anche per gli abiti tradizionali (ad esempio per le camicette femminili o i grembiuli).
È composto da una serie di nodi che si effettuano nei due sensi senza girare mai il lavoro e tenendo l’ago con la cruna verso il corpo e la punta verso l’esterno. La cosa particolare è che, pur essendo un pizzo, viene realizzato solo con ago e filo.
E’ un ricamo a motivi geometrici, detto anche “punto avorio” (in quanto originariamente realizzato con il filo di canapa), “punto alpino” (per la sua origine valsesiana) e “punto saraceno”. Il nome puncetto deriverebbe invece dal dialettale “punc”, che vuol dire “punto”.
La tradizione vuole che il punto sia stato reso noto dalla regina Margherita di Savoia (1851 – 1926), che lo scoprì durante un viaggio in Valsesia e lo apprezzo particolarmente, sdoganandolo. Ma dovrebbe trattarsi di un punto molto antico, sulle cui origini non si hanno notizie certe. Alcuni ne attribuiscono l’origine all’influsso saraceno del X° secolo (da qui il nome appunto di “punto saraceno”); sappiamo con certezza che nel Cinquecento Gaudenzio Ferrari, un artista della valle, ha usato questo pizzo per le sue madonne.

 

Ricamo bandera

Si tratta di un ricamo in uso in Piemonte (soprattutto presso i ceti agiati) a partire dal XVIII° secolo e prende il nome dalla tela Bandera, ossia un tessuto pesante e molto resistente, in cotone o lino, dalla trama molto regolare.
Il ricamo bandera in realtà non è un punto, ma una tecnica che unisce una serie di punti più elementari, che vengono usati per creare motivi floreali e cornici, con effetti tipici del gusto dell’epoca; con questo ricamo si ornavano soprattutto complementi di arredo (cuscini, coprisedie, scatole, ecc…). I punti utilizzati sono principalmente il punto erba e le sue varianti, ma anche il punto lanciato e il punto piatto.
Per un periodo questo tipo di ricamo è sparito, ma il suo recupero è dovuto soprattutto all’impegno della Contessa di Pralormo e delle associazioni della zona che si sono occupate del suo recupero (oggi esistono corsi di ricamo bandera, esposizioni, incontri di sensibilizzazione, ecc…).

 

Tombolo

Il merletto a tombolo è conosciuto fin dal XV° secolo (probabilmente anche prima, ma è da questo periodo che abbiamo le prime tracce scritte) ed è stato utilizzato in tutta Italia (a seconda delle zone, il tipo di pizzo prodotto prende dei nomi diversi).
Si tratta di una tecnica che usa una sorta di cuscino cilindrico (chiamato appunto tombolo) su cui viene fissato con degli spilli il disegno da riprodurre; l’intreccio avviene poi effettuando una serie di nodi e legature con i fili, posti sui “fuselli” (ossia delle sorte di spolette sagomate in legno).
Solitamente si usa un cotone molto sottile per questo genere di lavorazione.

 

 

 

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